08/07/13

Incubi: Paura

Bullfinch-Territori Mason-CasaColoniale
06/07
Di nuovo rivedeva Blackbourne sopra di lei, di nuovo lo sentiva sibillare dalla rabbia. Le labbra si muovevano come se fossero assenti come quelle di un serpente, con la lingua che si era trasformata era diventata biforcuta in quel volto scavato dall'età, ogni ruga costituiva di tante albe che aveva visto , forse non ci sarebbe mai arrivata ad aver il volto come il suo.
Ora non aveva un volto umano, ora aveva un volto come un serpente, pieno di veleno e lei era la propria vittima, il freddo dell'acciaio piantato sulla fronte, gli occhi che le giravano intorno chi piene di paura, chi iniziava a dubitare della propria fedeltà.
Tutto vorticava velocemente nella propria mente, sul volto un dolore insopportabile come se le proprie guance stessero prendendo fuoco. No, era la propria gola che stava andando a fuoco, era la propria voce che stava uscendo, stava raschiando per uscire dalle labbra e gli occhi si spalancarono di scatto, nell'oscurità rotta soltanto dalla luce lunare che proveniva dalla finestra.

Elizabeth stava stringendo le lenzuola tutte attorcigliate intorno al proprio corpo, si era agitata, aveva sudato, si sentiva tutta intontita e soprattutto il volto le doleva. Le lacrime ci misero poco arrivarle agli occhi, aveva urlato, il movimento fatto di scatto le aveva provocato una di quelle fitte che non riusciva a sopportare.
Il corpo era teso come le corde di un violino, pronto per un concerto. Sentiva tutti i muscoli che potevano rompersi da un momento all'altro e le dita che si aggrappavano al lenzuolo come se fosse l'ultimo appiglio prima di cadere nell'obblio.
Erano passati giorni da quell'evento, però gli incubi non era cessati.
Lentamente iniziò ad alzarsi,  i capelli appoggiati al proprio volto, le accarezzavano quelle dolci labbra divorate da quell'orribile taglio, le guance bruciavano come non succedeva da giorni, la gola in fiamme per quell'urlo disperato, poi il freddo.
I piedi che si appoggiarono alle assi di legno per sentire il fresco di quella notte, forse una delle poche in cui avrebbe dormito ancora in un letto.
Si mise in piedi, ondeggiando ancora con brividi di terrore che andavano a scuoterle i muscoli. Raggiunse lo specchio di quella stanza. Non la stanza di quando veniva lì con Philip, una stanza singola, piccola e al momento vedeva quelle pareti che la schiacciavano come per tirarle via l'aria che ricercava.
Si stava fissando, nello specchio e in quel momento non vedeva lei, vedeva l'ombra di quella che era stata, di quella ragazzina che aveva urlato in mezzo al campo appena lì fuori.
L'ombra di quella ragazza che aveva amato talmente intensamente da logorarsi l'anima, ogni livido che aveva sul volto era un urlo per raggiungere tutti quelli che l'avevano amata e che ora erano morti.
Si accorse di piangere quando iniziò a vedere la propria figura distorta, offuscata, le gambe cedettero. Si era ripromessa di non piangere più, di non dare ascolto a quell'urlo interiore, che la stava devastando da due mesi.
Le ginocchia impattarono in un sordo tonfo per terra e le mani erano ancora ancora lì aggrappate a quel mobile, come se potesse ritornare in piedi da un momento all'altro.
Sorde lacrime le stavano solcando il volto, le davano sollievo a quel dolore fisico. Allo stesso tempo le stavano logorando l'anima, facendo uscire il dolore.
Nessuno sarebbe entrato in camera per abbracciarla, per dirle che sarebbe andato tutto bene. Che era soltanto un sogno.
Ci aveva messo mesi ad aver totale fiducia in un ragazzo e ora come poteva pretendere di ritornare in piedi in così poco tempo?
Soltanto due mesi e lei non aveva ceduto.
I capitani delle diverse compagnie che aveva assunto le aveva caldamente raccomandato di lasciar perdere, nessuno sarebbe sopravvissuto per due mesi dentro a un Pond. Imperterrita aveva dato l'ordine di continuarlo a cercare.
 
No, Philip non poteva esser morto.

Tra le lacrime le venne in mente il volto..offuscato al momento, ma felice.
Un volto che amava, in quel casino che si stava trasformando la propria vita, quel volto che le sorrideva e sprizzava gioia da tutti i pori era l'unica cosa che si aggrappava per andare avanti, per non prendere la prima navetta e scappare da quel pianeta e da quello Skyplex.
Le mani lentamente iniziarono a scivolare lungo il mobile, le lacrime iniziarono ad arrivare a singhiozzi sul volto, si stava calmando.
Da una parte aveva il flaccone delle proprie medicine dall'altro il c-pad.
Appoggiò il primo di fianco a lei, alla sinistra e mise il c-pad tra le due mani, andò dentro alla funzione dei messaggi e le dita iniziarono a scivolare lungo la tastiera che era apparsa.
"Ciao John,
Come stai?
Sono su Bullfinch, non so se ti è arrivato il mio messaggio precedente.
Ho voglia di vederti, ho voglia di vedere il tuo volto che sorride e abbandonarmi nel tuo abbraccio, ho voglia di spegnere completamente il cervello, ho voglia di sentirmi al sicuro.
Non voglio più sentir la paura che mi attanaglia negli incubi, che mi accompagna ad ogni movimento che faccio, ad ogni respiro che emetto.
Nascondo questa paura, ma la ho.. non vorrei mai farti veder questo lato di me, l'ho nascosto.
Ma ho paura.
Beth."

Invio o Cancellare.
Cancellare.

Le dita della sinistra scivolarono lentamente verso il flaccone appena appoggiato lì di fianco, lo afferrò intanto che la destra abbandonava per terra il c-pad che iniziò a cancellare una lettera dopo l'altra quel messaggio.
Occhi spenti che stavano guardando il proprio letto sfatto.
Le dita andarono ad aprire il flaccone e presero due pastiglie e se le portò alla bocca, deglutendole senza l'aiuto dell'acqua.
Ci mise diversi istante a sentire i muscoli che si ammorbidivano a quella sensazione che la iniziò a cullare, il dolore sul volto era finito, come i brividi di paura, afferrò il c-pad che era ritornato in stand-by  e si portò in mezzo a quelle lenzuola per affondare in quei sogni dove la paura era protagonista e il proprio orgoglio era sfumato nell'ombra di questa attrice che aveva occupato tutto il palcoscenico.
03/07/13

Lettera

Ciao Beth.
Se stai leggendo questa lettera vuol dire che è mi è successo qualcosa, questo è poco ma sicuro. Ti chiedo di avvisare Winger, il Capitano Neville e John. Lars lo saprà già.
Io, io non so neanche che scriverti in questo momento, sinceramente. Penso, penso che stia stupido stare qui a dire roba inutile e che sappiamo bene che non servirà.
Potrei dirti di non essere triste, ma so bene che non si può esserlo.
Quello che voglio dirti però è che non devi rimanere legata a me, no. Sei la ragazza più bella del mondo, non devi restare da sola, non sarebbe giusto.
Se più avanti amerai qualcun'altro non devi sentirti in colpa Beth, no.
Io ti amo e ti amerò sempre, remember, ma tu non puoi restare legata a vita a un morto, no.
Questa è la fede che avevo comprato per il nostro matrimonio, for you. La mia è sempre in tasca, sarei stato pronto a sposarti in qualsiasi momento tu me l'avessi chiesto e per me è come se lo fossimo.
Ti amo, ma corri, non restare ferma nel dolore, non servirà.
Ti amo e sappi che ti guarderò sempre dall'alto.
I love you, forever

Philip

Dolore.
Urla.
Vuoto.
Rinascita.
 
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